Questa settimana: come finisce un percorso terapeutico; giugno tempo di saluti.
Ciao!
Oggi parliamo dei saluti.
Non amo gli addii. Al dire il vero, per me, non esistono. Sono talmente rifiutante verso gli addii, che non li contemplo nelle possibilità.
Quando ci avviciniamo a qualcuno, lo conosciamo e approfondiamo la nostra relazione, necessariamente qualcosa tra noi e l’altro si fonde e muta. Dentro di me vivono parti di tutte le persone a cui ho permesso di entrare. E a mia volta, so di essere presente in chi mi ha accolta.
Se c’è stata una relazione, non può esserci un addio. La relazione continua a vivere ovunque e per sempre.
Durante le nozze si dice:”Fino all’ultimo giorno della mia vita.”
L’altro infatti vive in noi finché abbiamo vita, anche dopo la sua morte.
Che senso ha allora l’addio? Per me, esistono solo gli arrivederci.
Nel mio lavoro vivo molti arrivederci. La relazione terapeutica a un certo punto finisce ma solo dal punto di vista pratico: di fatto, non ci si vede più! Io, però, sono sicura che la relazione viva oltre il setting, prosegua anche dopo la fine degli incontri, illumini la strada anche quando ormai il percorso fatto insieme è giunto al termine.
Come faccio a saperlo? La relazione è scambio, io stessa ricevo. E tutto, dentro di me, rimane. Perché dovrebbe essere diverso per i pazienti?
L’ultimo incontro con M.
Un paio di mesi fa, ho terminato il percorso individuale di arteterapia con M.
Conosco M. da circa due anni, l'ho vista trasformarsi da bambina a giovane adolescente.
M. ha deciso di interrompere il percorso, ma lasciarsi è stato doloroso per entrambe, abbiamo a stento trattenuto le lacrime.
Durante l’ultimo incontro, ci siamo regalate un disegno. Io le ho donato uno dei suoi simboli più significativi, una foglia: per M. rappresenta il coraggio.
M. per me ha rappresentato l’infinito.
Quando finisce il percorso terapeutico?
Solitamente, la professionista stabilisce quando il percorso terapeutico è finito e il paziente non ha più necessità di essere seguito.
Ma non sempre è così!
I percorsi di arteterapia hanno il vantaggio di essere anche molto divertenti per i bambini e solitamente, li accolgono con piacere.
Ma, talvolta, capita di salutare chi non è ancora pronto, chi ha paura di indagare, o chi desidera dare priorità ad altre cose.
Spesso, nella difficoltà c’è una parte meno visibile, che vive più in profondità, di cui dovremmo prenderci cura perché il problema non si ripresenti. Ma non tutti riescono o vogliono comprenderlo.
Sono tante le motivazioni per cui un percorso può finire prima del dovuto, ma quando succede lascio sempre la porta aperta.
A volte ritornano
Quando saluto, soprattutto se credo che il lavoro terapeutico non sia arrivato alla fine, mi rendo sempre disponibile per il ritorno del paziente.
Per i bambini a volte è difficile comprendere le priorità, dovrebbero essere i genitori e dettarle. Questo è un altro motivo per cui l’alleanza famiglia-terapeuta è fondamentale. Ma non è fruttuoso obbligare il bambino se non è più emotivamente disponibile a continuare.
Quindi la mia porta rimane aperta.
Saluto i pazienti augurandogli il miglior viaggio possibile: so che ormai sono presenza che vive in loro e che sapranno tornare se ne avranno bisogno.
Io mi auguro sempre che il loro volo sia alto, sereno e audace.
A giugno le cose finiscono
In ogni caso, giugno è un mese di saluti. C’è chi saluta la scuola materna, chi la scuola primaria, chi pensa ai nuovi propositi progettando drastici cambiamenti.
Piccoli o grandi percorsi arrivano alla fine. Settimana scorsa ho salutato i bambini della primaria che ho seguito nel percorso di arteterapia e musicoterapia con la collega Alessia Pipitone. Ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa: mancheranno!
Dora saluta la scuola materna. Il giorno della festa della mamma ha pianto nel lettone accanto a me: “Non ci sarà più la colazione con la mamma, alla suola elementareeee!”
Avrei voluto piangere con lei, lo ammetto. Ma ho tenuto duro e le ho promesso una colazione al bar con i fiocchi, per il prossimo anno.
In compenso, ho pianto a dirotto dopo la festa dei remigini, prima di dormire. La malinconia mi ha travolto perché la parte più spassosa, più libera e divertente dell’infanzia di Dora mi sembra stia volgendo al termine.
Poi però, mi sono accorta che quelle lacrime non erano tutte per mia figlia. Ho vissuto per la prima volta un’infanzia leggera e giocosa accanto a Dora, e non vorrei proprio salutarla ora, sul più bello!
Non sono ancora pronta a lasciar andare unicorni e fatine, paillettes e glitter.
Quindi sai che faccio?
Continuerò a nutrire la mia bambina con lei: travestirci a carnevale, creare insieme, ballare da pazze con la musica alta, sarà terapeutico per entrambe.
In fondo, il bambino che siamo stati, dovrebbe vivere un po’ con noi per sempre, perché salutarlo ora?!
Cara Dora, non saranno l’inizio della primaria, né tanto meno i miei pensieri malinconici, a sancire la fine di balli pazzi e lustrini, terra sulle ginocchia e giochi di travasi, regni magici, e gelati gusto arcobaleno.
Non c’è nuovo inizio senza fine.
Buona fine a te, grande o piccino.
Che i tuoi nuovi inizi siano scintillanti e entusiasmanti.
Intanto, mi raccomando, non smettere di ballare!

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