Questa settimana: ti racconto come ho iniziato il mio percorso terapeutico e il valore della pazienza.
Ciao!
Ti va di viaggiare nel tempo con me?
Per farlo, torniamo al 2013.
Da circa un anno soffro di insonnia e attacchi d’ansia. Negli ultimi mesi mi sto trascinando in giro con fatica, sono pallida e ho poco appetito. L’ufficio mi sembra l’unico posto in cui riesco a concentrarmi su qualcosa e far tornare regolare il mio respiro. La metropolitana che mi porta a destinazione invece è un incubo: i posti al chiuso gremiti di gente sono i preferiti dai miei attacchi d’ansia.
Grazie al consiglio di un’amica inizio a fare reiki. A condurre gli incontri è una donna empatica e accogliente, ha dei bellissimi capelli rossi, ispira fiducia. Dopo qualche incontro è lei stessa, con molta onestà professionale, a consigliarmi un percorso psicoterapeutico. È così gentile da fornirmi anche un numero di telefono: “Chiama lei, mi dicono che è brava!”
Il giorno dopo, chiamo: la telefonata più importante della mia vita. Non esagero, è proprio così: senza quella telefonata non avrei avuto gli strumenti per costruire tutto ciò di cui ora godo.
Chiamo la psicoterapeuta e le racconto brevemente il mio malessere. Mi fissa un appuntamento a stretto giro. La necessità di iniziare il percorso è talmente profonda che inizialmente dimentico di chiederle dove si trova lo studio, quasi non fosse importante.
Sarà stato il caso, ma io lo chiamo fato: lo studio è a cinque minuti a piedi dal mio ufficio. Così posso alzarmi molto presto una volta alla settimana e andare a fare psicoterapia prima di iniziare a lavorare. Un incastro perfetto. Ti assicuro che questo dono del destino mi sarà fondamentale negli anni a seguire.
Durante i primi incontri conoscitivi, snocciolo la fatidica domanda: “Quanto tempo ci vorrà per finire il percorso?”
Non ho neanche iniziato davvero, e voglio già sapere quando finirà. Ma è legittimo: ansia e pazienza non vanno molto d’accordo.
La psicoterapeuta mi risponde che non lo può sapere in quel momento, che dipende da me e da ciò che dovremo affrontare.
L’inizio del percorso di psicoterapia coincide con l’inizio della costruzione della vita che desidero, mattoncino per mattoncino, compresa l’iscrizione alla scuola di Art Therapy Italiana, per formarmi come arteterapeuta.
Ora che svolgo il mio lavoro di arteterapeuta, capisco più nel profondo perché a quella fatidica domanda non ci sia risposta: stili d’attaccamento e relazionali, nevrosi e, soprattutto, possibili traumi passati, si scoprono piano piano; i tempi non li detta il professionista ma il paziente. E dipende anche da quanto in profondità necessita o desidera scendere il paziente.
Io sono scesa molto in profondità, il mio percorso è stato lungo. La mia professione mi impone di essere salda, nutrire una buona autostima e aver affrontato sia le paure più profonde, sia i traumi più dolorosi. Ma se sono arrivata alla soglia dei 30 pensando di non aver costruito nulla, o quasi, di quello che veramente desideravo, ai 40 ci sono arrivata fiera, adulta e forte.
PAZIENTE
La parola paziente deriva dal latino patiens, patientis, participio presente del verbo patior, che significa “soffrire”, “sopportare”, “tollerare”.
Paziente è sia sostantivo che aggettivo: quando diciamo paziente, stiamo evocando non solo il concetto medico di chi riceve cure, ma anche l'idea di qualcuno che sopporta e attende con resilienza.
Essere pazienti significa accettare di stare nel processo, fidarsi di sé e della trasformazione. All’inizio del percorso è la parte più difficile.
Ora che accompagno nel processo di cambiamento i bambini e le loro famiglie, capisco ancora meglio la difficoltà di quel tempo di attesa e l’importanza di concederselo.
Quando il paziente ha gli strumenti e sceglie di avviare il cambiamento, passa da uno stato passivo a uno attivo. In quel momento comprende che il processo è in divenire e, solitamente, si concede il tempo necessario.
Sii paziente con le tue fragilità, prenditene cura tutti i giorni. Riponi fiducia in te stesso e nel professionista che hai scelto: è grazie a questa fiducia che il processo può prendere il via e portarti ad ammirare nuovi orizzonti!
Il tempo sarà quello necessario.
Pazienza vs. Accidia: una sottile linea di confine.
Esiste una linea sottile tra la pazienza, come capacità di stare nel processo, e la rassegnazione, che è immobilità o persino accidia.
Come ti puoi accorgere della differenza?
La pazienza è attiva → È la capacità di accettare che alcuni cambiamenti richiedano tempo, ma restando in movimento, facendo piccoli passi avanti.
L’accidia è passiva → È quando la pazienza si trasforma in attesa indefinita, in un lasciarsi trascinare dalla situazione senza cercare alternative.
Spesso confondiamo la pazienza con la rassegnazione. Rimaniamo fermi in una situazione spiacevole, ci aspettiamo che le cose migliorino da sole, senza metterci in gioco attivamente. Ecco, quella è paura, insicurezza, arrendevolezza; non pazienza.
Raccogli le forze, e spostati da lì!
Scegli il tuo passo e cammina verso il tuo cambiamento.
E per i bambini?
I bambini non hanno fretta.
I bambini godono del tempo, anche di quello terapeutico. Se i genitori viaggiano accanto a loro con fiducia e serenità, e riconoscono l’importanza dei cambiamenti e dei desideri, i bambini camminano in avanti impavidi.
Mi vuoi chiedere qualcosa? Sono qui per risponderti.
Il parere dell’esperta
Dora ha l’influenza ma non c’è febbre che tenga: ogni mattina si alza, fa colazione e produce qualcosa. Per lei creare, ora, è un’urgenza.
Anche questa mattina è molto impegnata: scatola, carta stagnola, fogli, pennarelli, forbici e colla.
Arriva un imprevisto: un pezzo che proprio non si vuole attaccare come Dora vorrebbe! E, come spesso succede in questi casi, inizia a disperarsi e piangere.
Dopo aver risolto la questione ed esser tornata serena, le chiedo: “Dora, tu pensi di avere pazienza?”
Dora risponde: “Mmh... Dipende. Quando le cose mi entusiasmano non ho per niente pazienza. Quando le cose mi piacciono meno, invece, ho più pazienza!”
Come non comprenderla.
Iniziamo con un semino, la incoraggio: “Dora, è proprio nelle cose che ti appassionano che serve la pazienza, per poter sbagliare, ricominciare e migliorare. Dovresti provare a far cambio, sai?”
Ci facciamo una risata insieme mentre, con le mani piene di colla, si appresta ad attaccare le ali a una scatola di cartone. 🦋
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Fantastica Sabry!!
Un abbraccio a Dora ♥️